Lo scorso aprile le nostre classi hanno partecipato alla visita didattica del birrificio Brewfist, con sede a Codogno, accompagnati dai professori Michele Matraxia e Luca Castelli.
Questo micro-birrificio si occupa della produzione di birra artigianale, che come abbiamo studiato in classe è una produzione regolamentata dalla legge n. 154 del 28 luglio 2016 che recita:
«la birra artigianale viene prodotta da piccoli birrifici indipendenti e non è sottoposta, durante la fase di produzione, a processi di pastorizzazione e di microfiltrazione».
Il titolare che ci ha ci ha fatto da cicerone durante la visita, appena arrivati in birrificio, ancora prima di entrare nella vera e propria parte produttiva, ci ha introdotto concetti di base per la comprensione dell’intero percorso: partendo dagli ingredienti e le materie prime impiegate per la produzione (acqua, luppolo, lievito e malto) fino ad arrivare alla fase finale illustrandoci i metodi di conservazione e maturazione. Appena entrati nel luogo dove avviene la vera e propria generazione della birra, il complesso presentava un’aroma tipico ed indistinguibile, come prima zona abbiamo visitato il magazzino dove vengono conservate e immagazzinate le materie prima provenienti da settore primario: mix di malti e mono-malti provenienti da semi di orzo, per la produzione ci è stato spiegato che viene impiegato 1kg di malto per produrre 3 litri di birra; la molitura dei malti poi avviene in zone puramente dedicate a scindere il malto in materiali molto fini.
Gran parte della struttura comprendeva la zona dove avviene l’ammostamento, ovvero il processo mediante il quale in uno o più step di temperatura necessari ad innescare l’attività enzimatica necessaria a degradare i costituenti dell’amido, durante questo processo, gli enzimi contenuti nel malto (α-amilasi e β-amilasi) attaccano le catene di amido presenti nel malto stesso, rompendole e producendo molecole di zucchero più semplici (maltosio e maltodestrine): ne risulta infine un liquido denso e pastoso. In seguito abbiamo visitato il laboratorio di microbiologia dove vengono svolte le analisi, questo era fornito di tecnologie all’avanguardia che permettono una miglior raccolta dati per i parametri di qualità e della sua salvaguardia, alcune analisi che svolge questo micro-birrificio sono: lo stress test e la presenza di un contaminato, come un diasticus (un lievito da non sottovalutare), ciò è reso grazie dalla presenza del PCR o termociclatore: uno strumento che non tutti i laboratori dei birrifici possiedono!
Di poi ci siamo recati alla zona di maturazione del mosto in ex botti adibite alla maturazione del vino, questo metodo di maturazione prevede che il liquido presente all’interno appropri le caratteristiche trasmesse dai residui contenuti nelle travi di legno della botte.
Successivamente siamo giunti all’area nella quale avviene il confezionamento della birra, i metodi con cui viene conservata sono: l’imbottigliamento in bottiglie di vetro; i “kegs” questi contenitori fatti in plastica, alluminio oppure acciaio; ma anche in lattine, l’interlocutore ha tenuto molto nell’abbattere lo stereotipo che la birra in lattina sia di qualità inferiore! anzi è proprio grazie alle proprietà della lattina che la bevanda riesce a preservare tutte le sue qualità, senza essere indotta ad una fermentazione involontaria.
È stato appassionante partecipare a questa uscita didattica, abbiamo visto con i nostri occhi quello che abbiamo studiato in classe e siamo riusciti a capire ancora qualcosa in più rispetto a quanto visto sui libri di scuola, è stata un’esperienza molto positiva e istruttiva! Sicuramente da riproporre anche gli anni prossimi!
Alberto Croci 4F e Daniele Vitali 4G